Racconti – Chi si fa mamma, s’inganna
Era la prima volta che sentiva questo modo di dire.
La donna anziana che lo aveva pronunciato era minuta, modesta nell’aspetto, ma dal fare educato e gentile.
Un incontro fortuito in un ambiente inconsueto: una di quelle moderne lavanderie dove uno arriva con le sue cose sporche, le infila in lavatrici gigantesche e dopo una mezz’oretta le estrae da lì lavate e igienizzate per infilarle in altrettanto grossi asciugatori. Al più tardi dopo un’ora se ne esce con gli indumenti puliti, ripiegati e pronti da stipare negli armadi.
La donnetta era nuova.
Non che lei fosse una gran osservatrice, ma era sicura di non averla mai vista prima.
In fondo le donne sono abitudinarie e seguono ritmi consueti nell’organizzare i propri lavori domestici.
Lei, invece, era una outsider pomeridiana.
Non osservava la consuetudine degli orari, ma non mancava di incontrare il martedì pomeriggio intorno alle tre la giovane mamma grassottella che asciugava i vestitini delle sue bimbe, il lunedì alle due la signora elegante e con collaboratrice al seguito alle prese con numerose sacche di indumenti sportivi di maschi adulti. Alla sera, dopo le diciannove ogni giovedì le capitava di incontrare quell’uomo giovane e silenzioso che arrivava con una cesta di indumenti bagnati. Salutava, attendeva il suo turno, infilava scrupolosamente cinque euro nell’essiccatore e poi usciva, si sedeva sulla panchina all’esterno del negozio, chiamava al telefono qualcuno, di certo una ragazza e sorrideva, diceva poche parole, ascoltava estasiato.
Quel pomeriggio di autunno inoltrato aveva incontrato per la prima volta la donna anziana che non si sedeva sui divani messi a disposizione per gli avventori in attesa, ma era rimasta impalata lì, davanti alla lavatrice che aveva impegnato per il lavaggio e guardava ipnotizzata i panni che si muovevano all’interno.
Non si era neanche tolta il cappotto come facevano tutti coloro che erano in attesa.
Aspettava e basta.
Il negozio era vuoto, non c’era nessun altro oltre a loro due; lei che ripiegava gli indumenti ormai asciutti e l’altra donna che se ne stava silenziosa e impaziente.
Avrebbe potuto completare il suo lavoro e andarsene, ma le venne voglia di scambiare due parole.
– Un tempo infame, vero? Piove da una settimana e in casa non si asciuga nulla… Non so perché non ho ancora acquistato un’asciugatrice…
La donna si accorse improvvisamente di lei era tutta concentrata nei suoi pensieri, persa in un altro mondo. Le rispose giusto per educazione:
– Come dice? Ah, certo…
Non aveva alcuna voglia di darle retta, ma lei l’incalzò, curiosa:
– Non l’ho mai incontrata, qui intendo… E’ la prima volta che viene?
– Sì, la prima e l’ultima.
– Come mai? E’ di passaggio?
– No chiudo casa, per sempre. Sistemo tutto, riordino tutto, vado altrove…
– Non è di qui? Parte? Si trasferisce? Non l’ho mai vista prima…
Decisamente scortesi le sue domande, eppure la donna rispondeva, come se volesse metterla a parte di qualcosa, di una confidenza intima che le pesava sul cuore.
– Ho compiuto ottant’anni l’altro ieri e sono vedova. Mio marito è morto un anno fa. Non ho figli.
Ho un lontano pronipote cui ho voluto bene come ad un figlio, ma mi ha fatto capire che per me non c’è posto nella sua vita e nella sua famiglia… E’ stata una grande delusione e pensare che non ho bisogno di lui, anzi, avrei potuto aiutarlo, ma sa… frenesia della vita moderna… Eppure gli volevo bene, gli avrei lasciato tutto ciò che è mio… E’ proprio vero: chi si fa mamma, s’inganna. Che dispiacere… Ho capito che sono sola. Ho venduto la mia casa, ho organizzato la mia vita futura, mi ritiro in un pensionato. Ci sarà gente anziana come me, qualcuno con cui dividere le giornate… Pensi, accettano me e il mio gatto, un bel micione che ho trovato per strada, solo come me. I nuovi inquilini hanno rilevato tutto, anche l’arredamento e non mi piace lasciare le mie cose in disordine, non voglio che pensino che sono una persona disordinata… Lavo le fodere dei divani… qualche pelo di gatto potrebbe dare fastidio…
Caspita! pensava tra sé, che società strana quella moderna, solitudini allo sbando che trovavano pace in luoghi innaturali, di convivenze forzate e ugualmente solitarie…
Avrebbe preferito non sapere, non essere stata curiosa, non aver attaccato bottone, non aver fatto domande.
Quella donna le faceva pena.
Come si può essere così soli da pensare di cercare compagnia in un pensionato per persone anziane?
Si affrettò a infilare gli indumenti asciutti, puliti e ripiegati nelle due borse che avrebbe caricato in macchina, salutò la sconosciuta di cui avrebbe ormai preferito non sapere nulla, le fece i suoi migliori auguri per la vita nuova che l’attendeva e scappò via, verso casa.
A metà strada, cambiò idea, si fermò, parcheggiò la sua piccola utilitaria davanti al bar tabacchi gestito dai figli della sua amica Elena.
Aveva bisogno di parlare con qualcuno.
Entrò sorridendo nel locale, salutò Mario che chiacchierava con un avventore e Giovanna che serviva il cappuccino ad un altro.
Si avvicinò ad Elena che leggeva il giornale seduta ad un tavolo.
Le sembrava di non vederla da anni.
– Ciao, le disse, come stai? Che freddo fuori… dai, beviamo un tè insieme!
Le si sedette a fianco dopo aver sistemato il suo giaccone sulla poltroncina più vicina.
Richiamò l’attenzione di Giovanna, le ordinò due tè al limone e aggiunse:
– Chiedi a Mario di giocarmi un terno secco 1, 80 e guarda nella smorfia quanto fa il gatto…
– 87, rispose poco dopo Mario.
– Bene: 1, 80 e 87. Elena, se vinco ci facciamo un bel viaggio, tu, io, i nostri figli e i nostri mariti…
Tutti insieme… Che bello essere amici e non essere soli!