Favole e Racconti per Ragazzi – Una zebra a quadretti

Le zebre sono equini e sono cugine dei cavalli.
Vivono lontane da casa nostra, in Africa e noi le conosciamo attraverso i documentari, le fotografie, le descrizioni di chi le ha viste davvero, lanciate al galoppo nella sconfinata savana oppure attraverso la nostra esperienza, se siamo frequentatori di zoo.
Sappiamo che hanno un manto a strisce bianche e marrone scurissimo, quasi nero, che sono il simbolo di una squadra di calcio, la Juventus, …e che non ce n’è una uguale all’altra.
E’ vero, al primo colpo d’occhio ci sembrano tutte uguali, ma sono invece tutte diverse.
Il mantello, infatti, per ogni animale è una caratteristica che lo rende unico e inconfondibile e le strisce, nel caso delle zebre, sono come per gli esseri umani le impronte digitali che rendono gli uomini differenti tra loro, anche se sono gemelli, anche se sono identici come due gocce d’acqua.
Figuratevi, quindi, lo scompiglio il giorno in cui nella famiglia delle zebre che vivevano lungo il fiume Pincopallo, ai piedi delle Montagne dalle Rocce Nere, nacque una zebrina carina carina, di nome Gluglù, con un mantello stranissimo a quadretti verdi e nocciola.
Questo avvenimento era una sconcertante novità, una cosa nuova e mai successa prima nella storia mondiale delle zebre.
La sua mamma, appena nacque, la annusò con cura per essere poi in grado di riconoscerla sempre, la allattò con amore e sentì subito di volerle bene, ma le altre zebre storcevano il naso.
Come avrebbe fatto la piccola Gluglù, una volta cresciuta, a mimetizzarsi, visto che lo scopo delle strisce del mantello era quello di simulare il gioco delle ombre e della luce che filtra attraverso la vegetazione?
Come si sarebbe difesa dai predatori?.
Quella zebrina era verde come la vegetazione e nocciola come la terra, senza nemmeno una strisciolina e addirittura a quadretti….
Era proprio diversa!
Ciò che è diverso dalla normale normalità a cui siamo abituati, in effetti, ci disorienta e ci spaventa sempre un po’.
Cosa penseremmo se vedessimo la neve a ferragosto o gli asini volare?
Figurarsi, quindi, cosa pensavano la zebre che da sempre si vedevano così come erano…
Già pensavano che al primo pericolo la poverina sarebbe stata sopraffatta e che tutto il branco avrebbe potuto correre grandi pericoli per affrontare nemici che non sapevano neanche quali potessero essere, oltre a quelli che già normalmente avevano, cioè i grandi predatori come i leoni o i leopardi.
Un giorno, però, successe l’avvenimento che lasciò tutti di stucco.
Mentre tutto il branco si riposava sulla riva del fiume dopo una lunga galoppata, qualcuno si accorse che Gluglù era scomparsa. Non c’era più.
Dov’era finita la piccolina?
Nel trambusto generale creato dalla ricerca preoccupata per sapere dove fosse finita, la sua mamma, annusando il vento per sentirne l’usta, la trovò ai piedi del baobab, quasi nascosta tra il verde dell’erba alta e il marroncino della terra.
Era salva.
Si era mimetizzata, ma in un modo diverso da quello abituale che tutte le zebre da sempre conoscevano.
Un nitrito di gioia si alzò dal branco: la piccola aveva anch’essa possibilità di sopravvivenza.
Ciò che è diverso e nuovo, infatti, non è detto che sia un pericolo.
Va solo conosciuto, capito e accettato per quello che è.

 

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